L’utilizzo del Pos al centro del dibattito pubblico. Ecco a quanto ammontano le famose commissioni lamentate
Continua ad essere al centro del dibattito pubblico la questione Pos. Se negli ultimi mesi le direttive del governo erano state chiare, di fatto concedendo ai clienti di pagare con la carta di credito anche cifre minime e obbligando tutti i negozianti ad avere nell’attività lo strumento di lettura delle carte elettroniche, con l’insediamento del governo Meloni le cose sembrano destinate a cambiare.
Il nuovo legislativo sembra volere ascoltare le proteste dei commercianti, che lamentano il dover pagare le commissioni per l’utilizzo del pos e quindi di essere “penalizzati” quando si parla di cifre minime. Nella nuova legge di bilancio, il governo ha inserito una soglia di 60 euro sotto cui il commerciante può rifiutarsi di accettare il pagamento con carta senza incorrere in sanzioni. Una soglia, come chiarito anche dalla Meloni, indicativa che potrebbe anche essere abbassata. Ma a quanto ammontano le famose commissioni lamentate dai commercianti?
Pos, a quanto ammontano le famose commissioni? Ecco il dato
L’ammontare dei costi dipende da diversi fattori. Gli operatori che offrono il servizio hanno costi e politiche diverse. Portando alcuni esempi, chi si rivolge a Banca Sella ha una commissione dello 0,95% sui circuiti internazionali, incluse carte business, e dello 0,45% su PagoBancomat. Il Pos viene noleggiato gratuitamente per il primo mese, e poi passa al costo di 6 euro al mese. E’ però gratis con un transato minimo di 6.000 euro al mese. Poste Italiane ha invece una commissione fissa sul transato pche ammonta all’1,5%. Il costo del Pos è di 79 euro, ma non è previsto nessun altro costo fisso mensile.
Banca Intesa per il suo POS chiede l’1,8% sulle transazioni. Il costo di attivazione è di 60 euro senza canone mensile. Il costo delle commissioni orientativamente va dallo 0,9 all’1,9%. Ipotizzando un costo medio dell’1,50%, il commerciante pagherebbe 75 centesimi su una transazione di 50 euro.
Alcune banche prevedono agevolazioni per le cifre minime, e anche per chi ha ricavi inferiori ai 400 mila euro l’anno. Si può infatti ottenere un credito d’imposta del 30% sulle commissioni legate ai pagamenti elettronici.